Giovedi sera.
Dopo la sfavillante Firenze, la lunga corsa in autostrada, con periodici impaccamenti dietro lenti e fumosi tir in sorpasso.
Arrivo a Roma dopo le 23.
Parcheggio l’ormai famoso Espace – a proposito, altra foratura domenica scorsa! – nel solito hotel, ormai seconda dimora.
Ho già notato, con disappunto, che il ristorante viciniore ha ormai abbassato le saracinesche e spento le luci.
Mi dirigo con passo affrettato verso quella che so essere l’unica altra oasi di ristoro.
Entro, mi accoglie il titolare, chiedo se posso ancora mangiare.
Una battuta:
Certo!
Abbiamo aperto ora; si accomodi dove vuole.
Davvero basta poco per far scaturire un sorriso.
Sono proprio un uomo fortunato.