
In questi anni una delle correlazioni più stabilmente efficaci, fra quelle che ho potuto sperimentare è la seguente:
più significativa è la leadership dimostrata quotidianamente del capo, maggiore è la possibilità, per i dipendenti, di poter operare in autonomia, su obiettivi sfidanti e con un ampio livello di responsabilizzazione.
Quando si verificano queste condizioni, accade molto più frequentemente che il collaboratore si senta effettivamente partecipe dell’azienda, e di conseguenza la motivazione a lavorare “bene”, andando ben oltre il minimo sindacale diviene una situazione abituale.
L’entusiasmo, l’energia e la fiducia messa a disposizione dal leader risultano effettivamente contagiosi e i risultati non tardano a venire.
Inoltre queste caratteristiche del capo riescono ad ottenere un risultato ancora più importante: un po’ alla volta forgiano la cultura ed il carattere dell’impresa e dunque ne divengono un tratto stabile e caratteristico, capace di “contaminare” nel tempo persone e ambiente.
Un leader in grado di guidare, ma anche di “mandare avanti” i propri collaboratori, nelle aree di attività in cui dimostrano di avere talenti e idee interessanti, non geloso né limitante. Un capo in grado di guardare oltre le proprie abitudini e di essere pronto a riconoscere la validità del contributo di un collaboratore, anche se giovane e appena assunto; disponibile a far crescere e non solo a far lavorare, nella consapevolezza che meno leghi e costringi e più conquisti una persona in gamba e di valore.
Se tu fossi un dipendente ti piacerebbe lavorare in in una situazione così? Ti piacerebbe aver voglia di andare al lavoro ogni mattina?
E se sei un capo, ti comporti così? Metti i tuoi collaboratori a loro agio e fai venir loro voglia di amare la tua azienda?
Tu che ne dici?
PS: il modello è quello del gruppo jazz (è d’accordo sig. Luigino?!)
Buon giorno Dott. Pozzatti,
di solito i leader che troviamo presso le aziende, in special modo quelle più piccole o a conduzione familiare, confondono l’autorevolezza con l’autoritarismo e tendono ad accentrare su sé stessi compiti e responsabilità piuttosto che a delegare verso i loro collaboratori.
Questi leader pensano che solo “loro” possono svolgere al meglio certi compiti e non concedono spazio ai loro collaboratori per esprimersi.
Quindi lavorare per diffondere il modello di leadership di cui Lei parla è oltre che meritevole senza dubbio necessario anche al fine di dare una chance in più alle aziende per immaginare e costruire con il contributo anche dei collaboratori un futuro migliore.
Lo stile di un leader ha molto a che fare con la biologia e il temperamento con il quale ognuno di noi nasce, ma ciò detto si può sempre lavorare per migliorare e cambiare.
La parola chiave mi sembra ancora una volta “cambiamento” o meglio l’orientamento al cambiamento che si può affinare e coltivare.
Grazie
Stefano
Grazie Stefano.
Fare il capo è un lavoro difficile, che come tanti altri si impara, volendo.
Le scorciatoie, come l’uso dell’autorità al posto dell’autorevolezza, non pagano a lungo.
Anzi.