Non chiamarmi “capo”!

No, per favore non mi chiami capo!

Io lavoro con i miei colleghi, li coinvolgo, insegno loro quello che serve, li aiuto dove hanno bisogno e seguo l’avanzamento dei lavori.

Ma non mi chiami capo!

Ancora.

Sa, abbiamo provato più volte ad inserire la figura del caporeparto nello stabilimento, ma non ci siamo mai riusciti. Tutte le volte che abbiamo scelto un operaio bravo nel suo lavoro, poi questo non è riuscito a farsi rispettare in quanto capo dagli altri, e siamo dovuti intervenire per rimettere a posto la situazione. Ora come ora siamo noi titolari che ci occupiamo di far funzionare lo stabilimento.

Due frasi che esprimono situazioni simili, in aziende non troppo diverse fra loro.

La prima viene da un caporeparto, che si sente tale, ma che non vuol essere chiamato “capo”.

La seconda dal titolare di una interessante azienda industriale che lascia trasparire una difficoltà ricorrente che caratterizza la propria azienda.

Stiamo affrontando un tema molto interessante e assolutamente frequente nelle piccole organizzazioni italiane, aziende o studi professionali che siano: la difficoltà a costruire figure di capi intermedi, che si rivelino realmente efficaci per il funzionamento  ed il clima interno dell’impresa.

Se da un lato è estremamente importante, per una piccola e media realtà, riuscire a darsi una struttura organizzativa che possa contare almeno su un livello intermedio di leadership reale, rivolta alla gestione e controllo dei processi e alla manutenzione del clima nell’ambiente di lavoro, dall’altro si scopre come assai di rado l’impresa (nella veste dei titolari) dedichi attenzione a creare le condizioni per far sì che ciò si verifichi.
Nulla accade per caso e dunque anche per creare un nuovo ed efficace livello gerarchico richiede attenzione, metodo e consapevolezza.
Tutto questo non viene invece considerato adeguatamente e generalmente si sceglie così: “Ehi, potremmo mettere Tizio a capo della squadra, sa far bene il suo lavoro e è una persona di fiducia”, salvo poi non effettuare nessuna comunicazione ufficiale al reparto, lasciando così a Tizio il gravoso, e spesso non richiesto, compito di convincere i colleghi ad obbedirgli, dalla sera alla mattina.

Bene; se a questo aggiungi che tra il personale il “capo” non è di solito una figura ben vista (chiaro! Nell’iconografia veterostantìa delle relazioni industriali sta con il “padrone” e quindi non è più “uno di noi”; quindi disconosciamolo, così tutto tornerà come prima) che finisce per trovarsi in mezzo al guado, né carne né pesce, con tutte le difficoltà che ne conseguono (“Ma a me chi me l’ha fatto fare?! Stavo tanto meglio prima”).

Se consideri che in queste aziende la comunicazione ha generalmente una funzione meramente organizzative, cioè viene usata solo per far funzionare i progetti (qui e ora) e non si occupa di creare le condizioni affinché possano verificarsi dei cambiamenti reali quali la creazione di figure (importantissime [!]) di capi intermedi, allora possiamo chiudere la pratica perché tanto non ne uscirà nulla di buono e di duraturo.

Il tema della strutturazione della PMI, agile e snella per carità, ma comunque funzionale e chiara, costituisce una delle priorità di ogni azienda che si voglia mantenere davvero competitiva nel tempo, poiché contribuisce a dare la corretta dimensione ai tre livelli fondamentali della gerarchia: strategico, esecutivo e operativo. In questo modo si investe in produttività e si diffondono un po’ alla volta il senso di responsabilità e la consapevolezza organizzativa. I capi intermedi costituiscono snodi fondamentali di questa strategia.

Ma allora perché non dedicare un’attenzione competente ad una scelta oculata della persona a cui si chiede di “fare il capo”, soprattutto in ambienti di lavoro che hanno già “dichiarato” di non accettare un capo?
Perché non aiutare, concretamente e per tempo, il futuro “capo” a comprendere il ruolo che gli viene assegnato e a maturare le competenze indispensabili per svolgerlo al meglio?
Perché non parlare con i dipendenti spiegando l’importanza di una struttura aziendale ordinata e chiara e facendo capire come un capo non sia meramente al servizio del padrone,  ma possa anche rappresentare e garantire le istanze dei propri sottoposti?
Già, perché non provarci (seriamente)?

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