
Nei giorni scorsi ho parlato di quanto sia importante un buon capo intermedio, competente e consapevole, per il benessere e la competitività dell’impresa.
Non serve urlare né imprecare, quanto piuttosto essere collaborativo e disposto ad insegnare e a formare. La competenza tecnica e operativa è importante e, per un capo intermedio, costituisce una componente rilevante della propria autorevolezza, anzi direi che è proprio su di essa che si fonda.
Ma la competenza tecnica ed operativa da sola non basta; è importante anche che il capo sia in grado di spiegarla e insegnarla in modo chiaro e coinvolgente. Essere competenti è certamente un prerequisito, cui segue il non essere gelosi del proprio sapere, anzi l’aver voglia ed interesse a far crescere i colleghi.
Un buon capo non è né un despota, né un amico o un familiare dei sottoposti; piuttosto deve insegnare le migliori tecniche e metodi di lavoro, facendo in modo che essi possano ottenere ottimi risultati quanti e qualitativi, senza stressarsi e stancarsi eccessivamente.
Egli non concepisce persone isolate, ma una squadra di cui lui è l’allenatore; per questo gli deve piacere occuparsi ed interessarsi degli altri, relazionarsi con loro, aiutarli a “guardare oltre i proprio naso”.
Il capo sa che la qualità dei risultati che scaturiranno è anche legata alle emozioni che vive la squadra e le persone che la compongono; anche di questo si farà carico, a cominciare da se stesso, evitando di portare con sé, al mattino, quelle “scorie tossiche” che pian piano avvelenano l’ambiente e non aiutano a costruire serenità ed armonia. Farà in modo di mostrarsi aperto e disponibile, nei fatti e non solo nelle parole, poiché l’effetto esempio che nasce ogni giorno dal comportamento gioca un ruolo fondamentale su chi gli sta intorno. Attraverso il buon esempio offre ai sottoposti un modello da seguire, comunica quale sia il riferimento per atteggiamenti e comunicazione, spiega come ci si deve comportare quando si è al lavoro. Insomma: comunicazione efficace a largo raggio.
Per essere un buon capo bisogna aver voglia di svolgere tale ruolo; serve dunque conoscersi bene e sapere cosa si vuole da proprio lavoro. Solo così il capo potrà diventare davvero tale, lavorando sui propri punti deboli e mettendo a fuoco, a poco a poco, il proprio stile di leadership. Ma se non c’è questa determinazione la strada diviene maggiormente ripida e tortuosa e forse il gioco non vale la candela. E’ dunque importante chiarirsi sui propri obiettivi, per evitare di trovarsi bloccati in mezzo ad un guado dove non si sta a proprio agio, come non lo sono i sottoposti.
Chiaramente i risultati che otterrà saranno legati anche alla disponibilità ed all’interesse al lavoro espressi dai sottoposti, ma questo, almeno in parte, non dipende solo da lui, quanto dal titolare che ha formato la squadra; al capo viene richiesto di far funzionare al meglio ciò che ha a disposizione.