
Il mio lavoro è spesso itinerante, in luoghi assai vari, più o meno noti.
Questo significa conoscere posti nuovi, talvolta mai sentiti prima, e incontrare persone con le loro storie.
Ma in fondo questa non è altro che una metafora del mio lavoro, che consiste nel mettere in movimento ciò che è bloccato, o nel reindirizzare le situazioni che si stanno muovendo nella direzione sbagliata. Imprenditori e professionisti “prigionieri”, che sognano la libertà.
Ovviamente questo lo posso fare solo assieme alle persone e si tratta di lavorare con loro e sulle loro storie.
Senza voler scoprire nulla di nuovo, il parallelo con il viaggio, con il movimento, lo ritengo davvero importante.
Noto infatti una significativa tendenza a “bloccare” le situazioni, ad indulgere ripetutamente su comportamenti e atteggiamenti, anche quando è lampante (addirittura allo stesso attore), che il risultato prodotto non è utile o addirittura controproducente.
Dunque accettare di cambiare significa in primo luogo farsi venire la voglia di abbandonare qualcosa di sicuro (anche se non necessariamente bello), per iniziare a muoversi verso una direzione, ben sapendo che il traguardo ancora non si vede.
Direi che è più semplice farlo se non si è da soli e se ci si fida della propria guida.
Lavorare (e cambiare): un viaggio in compagnia!
[Foto scattata a Sassari, giugno 2017]