Ma ti accorgi di come parlano?

Il capo dice, il capo ordina, il capo dà disposizione…

Sembra quasi che il capo parli soltanto e non ascolti mai.

Invece, per essere un buon capo e soprattutto per riuscire a ottenere i risultati sperati, risulta importante conoscere molto bene le persone con le quali sia che fa.

E per fare questa il modo migliore è ascoltare conattenzione.

Ma ascoltare che cosa?

Si possono davvero udire tanti aspetti della comunicazione enon viene sempre semplice soffermarsi su quegli elementi, che più di altri cipossono aiutare a comprendere realmente il punto di vista del nostrointerlocutore.

Un esempio sono pronomi personali: io, noi, voi, loro.

Sono propri pronomi che ci raccontano il punto di vista dichi sta parlando e ci aiutano a capire come e quanto sia possibile interagirecon questa persona.

L’utilizzo dei pronomi da parte delle persone avvienesolitamente in modo molto naturale, con scarsa riflessione, automaticamente.

Quindi è rivelatore del loro vero modo di pensare; sono pochi,infatti, coloro che sono in grado di monitorare efficacemente la scelta delleparole.

Nei pronomi utilizzati si riflettono i pensieri, le credenzee le aspettative di una persona.

Ad esempio:

  • Chi dice prevalentemente io, difficilmente avrà la capacità di immaginare se stesso in ungruppo, In una squadra, In un team.
  • Chi sceglie voioppure loro, evidenzia delledifferenziazioni, marca dei confini di tipo territoriale, professionale, gerarchico.
  • Diversamente, chi usa il pronome noi, possiamo immaginare abbia unavisione più unitaria e aperta della situazione, non consideri soltanto sestesso o il proprio ambito e dunque sia più disponibile e interessato aragionamenti che abbiano come soggetto l’azienda nel suo complesso.

Queste semplici parole, apparentemente neutre e inoffensive,fanno capire in modo sufficientemente chiaro, dove si collochi la persona chele emette: fuori dal contesto di cui sta parlando, oppure al suo interno inmodo dinamico coinvolto, oppure ancora se voglia fare dei distinguo fra uno opiù gruppi all’interno dell’organizzazione.

Spesso inoltre, dietro queste parole, si nasconde ungiudizio o una valutazione rispetto a comportamenti e atteggiamenti altrui, cheracconta la percezione del proprio vissuto e dell’interazione della persona coni colleghi e con l’azienda.

Ma vale la pena sottolineare come sia estremamente importante, che il capo ascolti con attenzione anche i pronomi e le parole che utilizza egli stesso, per evitare di essere il primo a marcare differenziazioni e confini, che non hanno un senso di esistere, piuttosto che promuovere unitarietà e collaborazione.

Le parole definiscono il mondo e l’azienda non fa eccezione; se non si sta attenti ai termini che vengono comunemente usati dal personale e tollerati, o addirittura avvalorati dall’imprenditore, si finisce con il generare, anche inconsciamente, un sistema di valori, credenze ed abitudini che vincola il sistema aziendale, anziché contribuire al suo buon funzionamento.

Bisogna fare attenzione; le abitudini guidano il cervello e la lingua e non è facile accorgersi degli errori che si commettono abitualmente. Non è facile, ma è comunque possibile ed un orecchio esterno si rivela certamente di grande aiuto, per rilevare la cultura aziendale esistente, coglierne i tratti vincolanti e per iniziare a modificarla.

Fatti aiutare ad uscire con semplicità e soddisfazione da quei vincoli che ti frenano ogni santo giorno; se non lo hai ancora fatto (ma perchè?!?):

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Grazie per la tua attenzione!

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