
Questo post è dedicato alla voglia di ripartire. Con realismo e determinazione.
Come in ogni percorso, la direzione e il ritmo li decide chi guida e, oggi più che mai, chi segue si aspetta indicazioni chiare, scelte efficaci ed un buon livello di empatia.
In questi giorni qualcuno, molti nelle prossime settimane; un po’ alla volta ogni capo deciderà di dare segnali di ripartenza e lo farà attingendo al proprio bagaglio di leadership e di professionalità.
Farà il capo, insomma, affrontando uno scenario del tutto nuovo, che lo inviterà (o costringerà) a rileggere le proprie competenze tecniche, ma anche quelle più spiccatamente di gestione e motivazione delle persone.
La zona confort di ognuno sta subendo forti tensioni e ancora di più sarà, nel momento in cui andrà abbandonato l’equilibrio, ancorché precario, costruito nelle ultime settimane, per proteggersi e riuscire ad imbastire una risposta funzionale e credibile a questa emergenza. Dopo aver abbandonato prassi consolidate, ne sono state ricercate altre, che per quanto possano essere provvisorie e improvvisate, hanno contribuito a restituire un po’ di rassicurazione.
Il ritorno progressivo ad una “nuova normalità” significherà mettere in campo ulteriori nuove prassi, per ricercare forme diverse di produttività, ma anche rassicurazione.
Se, come pare piuttosto sicuro, il distanziamento sociale sarà una costante obbligata per diverso tempo e forse anche ricorrente, la capacità di lavorare, collaborare e relazionarsi on line non potrà più essere gestita come una precaria situazione di emergenza, ma dovrà divenire un piano B solido e ben conosciuto.
Ne consegue la necessità e l’opportunità di adottare un approccio adeguato da parte di studi professionali e PMI, in termini di dotazione tecnologica, di competenze tecniche e comunicative, di specifiche modalità organizzative.
Insomma, come una affidabile ruota di scorta nel baule dell’auto e in parallelo la capacità di reagire in modo pronto e con limitato stress psicofisico ad una nuova situazione di crisi.
E possiamo immaginare quanta capacità motivazionale servirà, per superare questi momenti e ricominciare a immaginare e scrivere pagine nuove nelle aziende e negli studi professionali italiani.
Mai come ora, emergeranno pregi e limiti dei capi italiani, di imprenditori e professionisti caparbi e determinati, sicuri di sé ed estremamente competenti, ma anche capaci di bloccare la crescita e lo sviluppo di piccoli e medie aziende e studi.
Ma siamo ottimisti e guadiamo avanti con fiducia e stimolo! I capi sapranno essere una guida per le persone che lavorano con loro!
Proviamo però a stimolarli, aiutandoli ad inquadrare alcune priorità sempre importanti, ma capaci davvero di fare la differenza nel momento in cui a tutti viene chiesto di fare uno sforzo straordinario, immaginando scenari ed azioni mai interpretate e vissute prima d’ora. Rispetto alle quali i capi sono chiamati a mettere in campo idee, cuore e coraggio.
Il valore del capo per ripartire è indiscutibilmente fondamentale e, soprattutto in questa fase, il compito di fare da guida non è delegabile.
Sarà sua cura (e responsabilità) ridefinire la cornice all’interno della quale inquadrare il “nuovo” lavoro: cosa si può fare e cosa no, come cambia l’organizzazione del lavoro, come si gestiranno i rapporti con i clienti…
Molto probabilmente, il ritorno alla normalità sarà graduale e quindi andrà immaginato e sviluppato l’adeguamento ad una serie di scenari, che un po’ alla volta porteranno a raggiungere una “normalità”, quasi certamente diversa da prima, da quanto abbiamo vissuto sino a gennaio.
Per il capo, si tratterà dunque, di riuscire ad concepire una forma progressiva di adattamento per sé e per la sua squadra, che possa risultare stabile ma rimanga flessibile, per evitare che ogni cambiamento del contesto costi la fatica e lo stress di un adattamento forzato.
Mentre invece la logica da considerare è quella di un graduale divenire, rispetto al quale assumere un atteggiamento proattivo e non reattivo; in questo modo, sarà possibile avvertire in modo minore il peso della precarietà e del sentirsi scentrati e fuori posto, rispetto ad una normalità rimpianta, ma sulla quale per un bel po’ sarà meglio non contare.
Su questo punto, credo convenga essere chiari, pena l’incorrere in delusioni e senso di frustrazione, per sé e per le persone che lavorano assieme.
Insomma, stiamo avvertendo che la nostra zona confort diviene sempre più stretta, proprio quando siamo chiamati a renderla flessibile ed elastica, capace di adattarsi a paesaggi e situazioni del tutto nuove, senza che per questo vada in tilt il benessere mentale ed emotivo.
Grazie per l’attenzione e Forza!