
Sapere dove si vuole arrivare costituisce il primo passo per crescere e migliorare; talvolta anche solo per sopravvivere. Nei recenti anni difficili questo atteggiamento è risultato vincente.
Ci sono imprenditori capaci di nuotare controcorrente, crescendo rapidamente anche se il loro settore di attività registra invece un momento di stallo o addirittura di contrazione e molti concorrenti chiudono o faticano parecchio anche solo a sopravvivere.
Nella mia carriera incontro periodicamente imprenditori di questo calibro, che hanno deciso di emergere e di avere un proprio stile, a prescindere dallo stato del mercato in cui operano.
È davvero entusiasmante lavorare con loro; pretendono molto, ma sono anche pronti a seguire le indicazioni e in questo modo procedono spediti e i risultati ottenuti nutrono e stimolano le azioni ancora da attuare.
Quando conosco un nuovo imprenditore che vuol diventare vincente, prima di iniziare il lavoro mi piace rivolgergli alcune domande, anche piuttosto secche:
- Riesci a vedere il futuro o ti limiti a guardare l’oggi?
- Quello che vedi ti piace e soddisfa? Lo senti tuo e ti rappresenta?
- Hai un progetto imprenditoriale? Ovvero, se chiudi gli occhi cosa vedi della tua azienda da qui ad un anno? E da qui a tre anni?
- Come pensi di comunicare il tuo progetto a chi lavora con te?
- Stai costruendo la continuità generazionale e preparando per tempo la delega verso nuove leve?
Proprio quest’ultima domanda si rivela chiave per il successo di una impresa o di uno studio professionale nel medio-lungo periodo.
Infatti, non ci può essere strategia efficace senza una visione di ampio respiro che garantisca adeguata continuità ed efficace sostegno all’azione del titolare. Se questo non avviene, il rischio è di assistere ad una traiettoria aziendale che segue passo passo la parabola evolutiva dell’imprenditore.
Prima crescita, seguita da una fase più o meno lunga di stabilità, poi una inevitabile decrescita, senza nessuna certezza che a quest’ultima segua un nuovo ciclo espansivo.
Nelle situazioni più frequenti ad unico titolare, la stabilità aziendale è anche legata a situazioni ed avvenimenti che spesso hanno ben poco a che fare con la dimensione imprenditoriale ed attengono piuttosto alla sfera familiare o all’andamento della salute.
Prevedere per tempo il ricambio, anche non in ambito familiare se non ve ne è la possibilità, può aiutare non poco a capitalizzare gli sforzi messi in campo, evitando di disperderli a causa di vuoti di leadership, che spesso perdurano nel tempo.
Per esperienza personale posso affermare che la maggior parte dei titolari è così assorbita nell’azione quotidiana e nelle questioni personali, da prestare molta poca attenzione a cosa accadrà all’azienda dopo di sé. E questo è certamente un errore, proprio perché così facendo l’imprenditore dimentica che la sua azione prima o poi si andrà appannando ed esaurendo e dunque si renderà necessario trovare qualcuno cui passare il testimone, pena la chiusura.
Chiudere, cedere a poco prezzo, veder spegnersi lentamente la propria creatura… non credo proprio possano costituire opzioni valide ed interessanti per chi ha dedicato (e spesso sacrificato) al lavoro e all’impresa gran parte della vita!
E allora meglio pensarci per tempo e programmare con metodo e consapevolezza affiancamenti, deleghe e percorsi di successione, sia all’interno che all’esterno della famiglia, per trarre ulteriori gratificazioni, anche economiche, dall’evoluzione positiva della propria impresa.
Grazie per l’attenzione!