
C’è poco da fare; o si costruiscono le condizioni affinché il futuro dell’impresa sia roseo, oppure si procede a tentoni, sperando di vedere l’arcobaleno, almeno ogni tanto! Ci può anche stare un forte diluvio, ma poi è importante uscirne, presto e bene, senza rischiare di incorrere in un’alluvione con effetti potenzialmente gravi o addirittura devastanti…
Il problema?!?
Sempre il solito; non voler alzare lo sguardo e rifugiarsi in un illusorio (?) contingente, lasciando che le cose corrano per conto loro e augurandosi che in futuro migliorino…
Ma, ahimé, quasi mai va così. Per questo, ormai da tempo, mi sono stancato di vedere molte, troppe piccole e medie imprese e studi professionali trovarsi in grandi difficoltà a causa di passaggi generazionali che non ingranano, di sentire persone lamentarsene, di incrociare volti scuri e percepire climi aziendali tesi come corde di violino, pronte a saltare.
Di conseguenza, ho iniziato e continuo ad approfondire con passione questo argomento, anche a costo di sembrare inattuale agli occhi di chi ha ben altro a cui pensare! (salvo poi rimpiangere di non averci pensato prima…).
E, proprio perché lo ritengo un tema prioritario, ho deciso di scrivere questo agile testo https://www.andreapozzatti.it/le-mie-scomode-verita-sul-passaggio-generazionale/, nel quale racconto trent’anni di problemi reali e soluzioni sperimentate sul campo.
Questo per fare in modo che tu possa avere al tuo fianco un metodo esperto per agire sul passaggio generazionale che vai a intraprendere assieme ai tuoi figli e alla tua impresa, sempre che tu non abbia ben altro a cui pensare!, ovviamente…
Mi colpisce come, anche in questi anni di grandi difficoltà di mercato e di stress socioeconomico e finanziario, spesso i problemi maggiori non giungano dall’esterno, ma vengano generati all’interno dell’impresa e proprio dalle persone che dovrebbero averne maggiormente a cuore il buon funzionamento e il positivo sviluppo! (Ma perché!?!)
Tante, troppe volte durante la mia vita lavorativa, mi capitato a tarda sera di uscire dalla porta del cliente scuotendo la testa, salire in auto e guidare per diversi chilometri, continuando a rimuginare sulle liti e gli screzi familiari a cui avevo appena assistito e che avevo cercato di comporre per riportare almeno ad un minimo di rispetto reciproco, quando mi accorgevo che non era possibile indirizzarli immediatamente verso una dialettica costruttiva. E spesso queste sceneggiate sono avvenute davanti agli occhi attoniti del personale, che mi guardava esterrefatto e sconsolato… (Esatto… a proposito di leadership autorevole…)
Mi sono interrogato molte volte su come uscire da questi blocchi emotivi, attorno ai quali l’impresa (o lo studio) si era avvitato a causa di persone che, spesso in buona fede, non riuscivano ad ascoltare le ragioni dell’altro, pur sentendone distintamente le parole. Non sembra affatto logico, eppure mi sono imbattuto frequentemente in situazioni di questo tipo; tipo il criceto nella sua ruota, per intenderci.
Il Passaggio Generazionale è un tema tanto complesso quanto affascinante; dietro queste due semplici parole si cela un periodo prolungato e articolato di cambiamento, da non prendere assolutamente sottogamba, ma da sfruttare al massimo per tutto ciò che può offrire di positivo.
Negli ultimi anni è diventato fondamentale essere in grado di mettere in campo un assetto organizzativo stabile ma dinamico, capace di reagire a cambiamenti spesso repentini senza perdere in produttività e garantendo il livello qualitativo di prodotti e servizi.
La rapidità decisionale e la qualità del capitale umano sono le caratteristiche proprie delle PMI e degli studi professionali italiani; li considero entrambi fattori peculiari per il successo imprenditoriale e sono assolutamente convinto che un passaggio generazionale ben costruito li possa migliorare entrambi, anziché rischiare di indebolirli.
Una positiva continuità generazionale rappresenta un processo che fa bene all’impresa, rassicura i clienti, evita l’allontanamento del personale migliore; anche per il senior in fase d’uscita può essere più semplice da accettare, se la si progetta con testa e cuore, evitando di subire passivamente i contraccolpi del cambiamento. Del resto, ogni imprenditore e professionista sanno bene che, prima o poi, verrà il momento di passare la mano; meglio dunque essere protagonisti anche di questa fase!
Aiuta indubbiamente evitare che il titolare si identifichi con l’impresa, altrimenti le cose, inevitabilmente, si complicano.
Inoltre, se non vi sono eredi diretti, perché non considerare la possibilità di essere maestro professionale di un giovane e permettergli di sviluppare la propria carriera, in quello che sarà chiaramente un mix fra continuità ed innovazione?
Grazie per l’attenzione e… su la testa, sguardo avanti e forza!